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I Barboni della mia città/2: Oliva

Oliva la trovavi sull’autobus.

La chiamavano barbona, ma forse era solo un po’ matta e non stava mai a casa.

Aveva i capelli grigi, li portava raccolti, un po’ spettinati e indossava i vestiti “da casa” delle nonne, con i calzini di lana e le ciabatte. A Oliva piaceva stare sull’autobus, tutti gli autisti la salutavano per nome, e non so se facesse il biglietto.

Oliva faceva una cosa bellissima. Ogni volta che il bus arrivava a un incrocio cantava la “canzone del semaforo”. Grazie all’unione della memoria di quattro o cinque persone sono riuscita a risalire al testo della canzone, faceva così:

Segna rosso e non lascia passar, poi c’è il verde e lascia passar

vi evito il file audio con la melodia. A Oliva piaceva cantare. Un’altra delle sue hit era:

buondì, mio dolce amor, buondì

e spesso, se la trovavi alla pensilina del bus, ti chiedeva se avevi una “fumarola”.

Non so davvero chi fosse e se avesse una casa, forse sì, forse aveva pure una famiglia, chi lo sa, ma Oliva è un altro bel personaggio sparito. Salivi sull’autobus e lei c’era, con la cicca spenta in bocca, i calzini, le canzoni.

Chissà quando è morta. Magari è sparita quando ho smesso di prendere l’autobus. Dissolta, come un sogno. O un fantasma.

Magari su certe linee notturne la si può sentire ancora cantare.

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